venerdì 29 luglio 2011

Santa Marta

"La forza di un nome di uomo" di Davide Rondoni
Cosa è essere la 40 esima o 41 esima vittima di una guerra lontana, in terra Afghana? Essere un nome che quasi nessuno ricorda se non chi lo ha sempre pronunciato e fissato in qualche luce del centro e del sud d'Italia. Essere la 40esima o 41esima vittima per una mina, un attacco, un cavolo di sbaglio o di fatalità in una guerra che non tocca le nostre case, di cui parlano giusto i politici tra loro (e quelli che hanno i nomi di questi uomini 40esimi, 41esimi cuciti nel sangue e nel sorriso e nel pianto) - essere qualcosa di secondario, di strano in questa cronaca che va dal possibile fallimento dello stato americano alle bustarelle possibili del Pd. Qualcosa che però ha la forza di un nome inciso nella morte e nella guerra. Una forza che nessuna polemicuzza politica, nessuna caduta o resurrezione di governo ha. La forza di un nome d'uomo inciso nella morte e nella guerra. Una piastra di sole nella terribile perpetua micidiale guerra umana. Si chiamava David, 28 anni, di Ostia nuova. 41esima vittima. Sua madre ha accarezzato a lungo la bara, prima di lasciarla andare. Come una madre antica e futura. Non è cronaca. E' l'eterno e il tempo che si uniscono e gridano insieme. E insieme possono anche cantare, anche in mezzo alla guerra. 

Laddove un cuore può rispondere come Marta: «Sì, io credo», Cristo è presente. Pur invisibile, sta lì, persino davanti a un letto di morte o a una tomba. Sia benedetto il suo nome! Nessuno può toglierci questa sicurezza. Per il suo Spirito, siamo tanto certi che egli è presente, quanto se lo vedessimo. (John Henry Newman)